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Il piombo allo stato nativo esiste, ma è piuttosto raro. In genere viene trovato associato allo zinco, all’argento e principalmente al rame, viene quindi estratto insieme a questi metalli. Il più importante minerale del piombo è la galena (solfuro di piombo, PbS), che ne contiene l’86,6%. Altri minerali comuni sono la cerussite (carbonato di piombo, PbCO3) e l’anglesite (solfato di piombo, PbSO4). Gran parte del piombo in uso oggigiorno proviene però da fonti riciclate.
Nelle miniere i minerali di piombo sono estratti e macinati. Il minerale viene quindi separato dalla roccia inerte per flottazione e quindi fuso miscelato con carbone , in un forno verticale ad aria forzata, separando così la scoria (che galleggia sul metallo per minore densità) e i fumi solforati dal piombo concentrato al 97% o piombo d’opera. Questo dev’essere ulteriormente raffinato per via elettrolitica o termica. Nel primo caso si procede alla fusione del piombo in anodi (lastre di circa 1 m² di superficie per 5–6 cm di spessore) e si procede all’elettrolisi verso catodi di piombo elettrolitico (stessa superficie ma 2–5 mm di spessore) usando come elettrolita l’acido fluosilicico. Il piombo elettrolitico può raggiungere una purezza del 99,99%. Nel secondo, si procede all’estrazione dei metalli costituenti le impurezze mediante fusioni successive del piombo d’opera asportando dalla superficie prima il rame (sotto forma di ossido), poi il bismuto e l’argento. Il grado di purezza raggiunto, quantunque alto, è comunque inferiore a quello del piombo elettrolitico.